Dracula di Giovanni Cugliari

Cap 3

 

“Falla accomodare,” dissi alla signora della reception.

Così in pochi minuti quella salì le scale e me la ritrovai davanti alla mia scrivania che aspettava che le rivolgessi parola mentre io ero ancora concentrato sul tecnigrafo.

“Scusi signore…” Balbettò quella.

Mi girai. Era una bella ragazza. Sui venticinque o qualcosa di più, curata e ben vestita.

“Arrivo subito, mi dia ancora un paio di secondi.” La tranquillizzai facendole capire che quello che stavo studiando nel disegno era importante più del suo colloquio in quel momento.

“E che ho il treno, e non vorrei perderlo.” Mi fece notare la ragazza.

“Il treno?” La guardai come se mi stesse dicendo una fesseria.

“Come sei arrivata al Castello?” Le chiesi.

“Col taxi.” Rispose quella.

“Ah…”

Rimisi i miei piani di studio in un mio cassetto del cervello e mi sedetti invitandola a fare altrettanto in modo da iniziare la nostra conversazione.

“Quanti anni hai?” Le domandai.

“Trentadue.” Rispose.

“Non li dimostri.”

“Grazie.”

“Abiti in città?”

“Si, sopra la farmacia Vivaldi.”

“Teresa giusto?”

“MariaTeresa si.”

“MariaTeresa giusto.”

“I tuoi di dove sono?”

“Di Roma,” rispose la ragazza.

“Hai un curriculum con te?”

“Si ecco.”

Mi passò il suo curriculum. Si era presentata bene ma volevo assicurarmi che avesse gli studi necessari per assistermi come segretaria. Era diplomata in Marketing e Commercio e laureata in Giurisprudenza.

Quindi la guardai di nuovo con sospetto.

“Come mai cerchi un ruolo da segretaria con una laurea in giurisprudenza?”

“So che siete abbastanza potente e credo di poter fare carriera con voi. Magari iniziando da segretaria appunto, perché no?”

Rimasi per un attimo colpito. Diedi ancora un’occhiata al suo curriculum e poi le domandai: “Quando saresti pronta ad iniziare.”

“Da subito ovvio,” rispose in modo secco e deciso la ragazza.

Afferrai il telefono e chiamai la reception.

“Si?”

“Prepara una stanza per…per…” Alzai lo sguardo verso di lei per farmi aiutare.

“MariaTeresa!” Mi disse lei con una punta di rabbia.

“Maria Teresa!” Dissi a quella dall’altra parte del telefono.

Appesi e le ordinai di tornare a casa, fare la valigia e di trasferirsi già da quella notte al Castello, in modo tale da prendere confidenza con il posto e con gli altri.

Lei accettò, ma non scivolò in particolari entusiasmi. Rimase composta, sobria, come se, a ragion veduta, dopotutto, quel posto le aspettasse di diritto.

 

 

“Direttore!” Sentii Maria Teresa venirmi dietro di corsa, l’avevo riconosciuta dal modo in cui le sue sneaker affrontavano correndo il pavimento del museo.

Le avevo concesso di indossare le sneaker, purché si facesse consigliare da un consulente di immagine come abbinarle in modo che mi fosse gradevole agli occhi.

Mi voltai, aprii gli occhi sbigottito. Stava correndo come una forsennata con una pila di fogli sottobraccio, gli occhiali che quasi le cadevano dal naso tutto arrossito.

“Direttore! Direttore!” Maria Teresa si piantò davanti a me e si fermò piegandosi sulle ginocchia per respirare.

“Ma sei impazzita?” Le domandai.

“Perché?”

“Ma ti sembra il caso di agitarti in questo modo?”

“Se sentisse cosa ho da dirle mi capirebbe!”

“Sentiamo…”

Mi allungò il primo foglio della pila che aveva in mano e mi disse: “Legga!”

Lessi come mi aveva detto Maria Teresa. Era una lettera. Una lettera dal British Museum che mi invitava ad indagare su una cosa che Maria Teresa era meglio non leggesse.

Non potevo certo nascondere alle mie collaboratrici il mio lavoro, ma certe cose preferivo assicurarmi venissero gestite con discrezione prima che loro ne venissero a conoscenza.

“Mi dica che è uno scherzo…” Maria Teresa respirava ancora affannosamente. Mi guardava dritto negli occhi alla ricerca di una risposta.

“No!” Le dissi.

“Cioè quella cosa esiste veramente?”

“Non ho detto questo.”

“E allora cosa non è uno scherzo?”

“Non è uno scherzo che il British Museum ci chiami per indagare su una cosa come questa.”

“Quindi potrebbe esistere?”

“Si.”

“Non ci posso credere.”

“Vai nel mio studio, prendi il telefono e portamelo giù. Io vado in giardino a dare da mangiare al gatto.”
“Va bene!”

Maria Teresa si sollevò in piedi e ricominciò a correre come una pazza.

“Non correre per Dio!” Le urlai.

“Va bene!” Disse lei continuando però a correre, anzi correndo ancora più veloce.

Scossi la testa e pensai: ‘Questa è tutta matta’.

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