Fotogatta di mestiere
Quella notte la passai davanti al computer a scrivere per il mio giornale. Solo un breve tuonare, durato al massimo cinque o dieci minuti, mi frenò e mi fece pendere per un paio di sigarette e un caffè in totale relax.
Quando giunse il mattino, vidi Moon, la mia gatta, sulla soglia della porta finestra semi aperta, che si allungava come l’ispettore Gadget. Sbadigliò, la invitai ad entrare e lei non se lo fece ripetere. Varcò lo scalino che la separava da me.
Poi si mise sdraiata per terra, in posa, come una foto modella, con qualcosa di verde che gli rotolava negli occhi, le orecchie dritte e il suo pelo che iniziò a scintillare.
Allora corsi di sotto e presi la macchina fotografica per immortalarla.
Ma appena mi misi in un angolo per scattare quella mi fece una linguaccia e scappò via.
“Sei una peste!” Sbiascicai a bassa voce.
Tornai davanti al giornale e controllai alcune cose. Moon ritornò e iniziò a miagolare. Un miagolio quasi tendente ad un ruggito.
“Adesso ti prendo qualcosa da mangiare,” le dissi senza spostare lo sguardo dal pc.
Lei insistette. Mi veniva vicino, si appiattiva sui miei pantaloni e miagolava.
Allora mi precipitai di sotto. Le aprii una scatola di tonno e glie la servii di fronte alla scrivania.
Mentre infilava la testa nella ciotola cercai di fotografarla ma non stava in una posa come quella di prima. Aspettai qualche secondo per cogliere il momento adatto, finché quella palla di pelo nera non si arrampicò sul divano e mentre lo fece feci un paio di click.
Ne venne fuori un semi servizio sulle abitudini domestiche di Moon che il giorno seguente provai a proporre al giornale del mio paese.
Niente. Quelli mi dissero che non andavano. Ma quando tornai trovai Moon che mi aspettava sull’uscio di nuovo in posa come una soubrette a cui avevano appena tolto i vestiti e lasciata sola con l’intimo per un servizio su Vanity Fair.
Allora ci provai con lo smarthphone e la beccai.
Mi misi subito alla guida della mia macchina e tornai alla redazione del giornale.
“Queste come le sembrano?” Chiesi al Capo Redattore.
“Mi prende in giro?” Disse quello.
Controllai lo smartphone. C’era solo la porta di casa chiusa. Moon nella foto non c’era. Scrollai in avanti l’applicazione. Niente, nessuna traccia di Moon.
“Devo aver scattato male, mi scusi.” Dissi al capo Redattore.
“Giovanotto, noi qui lavoriamo, non mi faccia perdere tempo con le sue idiozie.”
“Va bene, mi scusi.”
Tornai alla macchina, rincasai e ritrovai Moon sull’uscio di casa. Mi fece una linguaccia e scappò via.