Il cacciatore di ombre
John rincasò, l’impermeabile inzuppato, i capelli spiccicati sulla calotta cranica a forma di caschetto che gli conferiva un aspetto infantile e buffo. Posò la sua Colt sul tavolo, e tiro’ fuori dal frigo una birra ghiacciata. Erano due settimane che John non aveva un caso per le mani. Era in arretrato con l’affitto e l’unica via di salvezza per non finire in mezzo alla strada era barattare la sua Colt al banco dei pegni.
Ma qualcosa si agitava dentro il suo appartamento, qualcosa di sinistro. John non capiva cosa fosse ma la sue mente ne era stata catturata.
Rammentò che era appena stato al Diablo Disco Bar, un bar che aveva la fama di servire drink porta guai. John non era superstizioso e non diede peso ma ora incominciava a crederci.
Sollevò lo sguardo verso il muro di fronte a lui e con stupore vide la sua ombra che stava recidendosi le caviglie con il collo della bottiglia che aveva appena rotto. John si stropicciò gli occhi e ricontrollo’. La sua ombra si era appena recisa un piede e ora stava procedendo con l’altra gamba. Sobbalzò e lanciò la birra contro il muro ma non accadde nulla. La sua ombra completò l’operazione e poi agitando la bottiglia con il collo seghettato rivolto verso di lui cercò di attaccarlo. John si difese dall’attacco. Immobilizzò il polso dell’ombra che teneva l’arma e gli resistette. L’ombra era malferma sulle gambe perché senza piedi, allora John ne approfitto’ per pestargli un ginocchio e piegandolo riuscì ad avere il tempo di afferrare la sua Colt e di fare fuoco, sempre sulle ginocchia. L’ombra si arrese. John la imballo’ dentro un sacco dell’immondizia e la consegno al banco dei pegni per un valore di cinquemila dollari. L’affitto fu estinto, l’assicurazione della macchina anche; un impermeabile nuovo e uno smartphone più affidabile di quello che aveva. Ora però gli serviva un caso. E la creatura giusta a cui chiedere c’è l’aveva: la sua ombra; sarebbe diventato cacciatore di ombre.