La parola all’esperto: Federalismo, chi, cosa, come e perché
Con Marco Fontana, Direttore Responsabile di Strumenti Politici per vivisezionare un processo istituzionale che la destra, oggi al comando ha nel proprio programma.
Decentrare il potere è un bene o un male e perché?
Il decentramento è un bene se consente una maggiore attenzione alle istanze dei territori e una maggiore efficienza ed efficacia delle Istituzioni. È un male se da luogo a diseguaglianze e disparità di trattamento tra i cittadini a seconda di dove questi nascono.
Chi rischia di più il Nord Italia, il Centro Italia o il Sud Italia al netto del doversi reggere di più da solo?
Sicuramente il Sud corre il rischio maggiore. È evidente come esista ancora uno spiccato differenziale economico e sociale tra il Nord e il Sud dell’Italia. Un delta però non molto diverso a quello che vivono i Paesi frugali del Nord Europa rispetto agli Stati che si affacciano sul Mediterraneo. Il rischio quindi è proporzionale alla capacità dei territori meno efficienti di raccogliere la sfida lanciata da quelli più performanti. Le criticità insomma diminuiscono tanto più la classe dirigente locale si fa trovare pronta a migliorarsi. È poi da porre attenzione al modello di decentramento o federalismo che si vuole perseguire. In Germania ad esempio si utilizza il concetto di bundestrue cioè di lealtà federale o equilibrio. Questo pare un concetto di buon senso che evita di arrivare all’estremizzazione di Carl Friederich “In un sistema federale non vi può essere alcun sovrano e nessuno ha l’ultima parola”.
Qual è l’obiettivo di diventare uno stato tendente al federalismo?
L’obiettivo è semplicemente quello di ridurre i costi, trattenere per quanto più possibile le entrate fiscali all’interno del proprio territorio, aumentare il controllo sui propri rappresentanti, accrescere il benessere dei propri cittadini. Se si pensa alla storia del capitalismo e della produzione: si è passati dal capitalismo fordista a quello cognitivo e infine a quello additivo. Di fatto si è quindi transitati da un modello di business fortemente centralizzato ad uno decentralizzato in mini fabbriche alla ricerca di una maggiore efficienza. Non è quindi un assurdo pensare di decentrare alcune funzioni e risorse per rendere il sistema più efficiente e controllabile. Se funziona per le imprese perché non dovrebbe funzionare a livello politico e amministrativo?
C’è il rischio di ondate migratorie interne al paese?
Se l’Italia non ripenserà in modo radicale il proprio assetto istituzionale, rendendolo meno elefantiaco, più efficiente e capace di accogliere e non di espellere chi ha voglia di fare, il rischio reale è di massicce ondate migratorie non interne ma dal nostro Paese verso l’estero. Secondo uno studio di Brunello Rosa docente della London School of Economics l’Italia già oggi perde l’1% del Pil a causa dei cervelli in fuga, bruciando miliardi di investimenti fatti in capitale umano. Circa 2 milioni di persone che hanno studiato in Italia, e quindi che possiamo definire come lavoratori qualificati, hanno intrapreso una carriera oltreconfine non trovando fortuna in Italia.
Saremo più divisi o più coesi come Stato?
Le tensioni non vengono alimentate dai modelli in se. Non esistono modelli buoni o cattivi. Esistono modelli efficienti o non efficienti, modelli superati o proiettati al futuro. Se il sistema che governa un Paese è inefficiente i primi a pagarne le conseguenze sono i cittadini in termini di alta tassazione, minore occupazione, scarsità di reddito, aumento della povertà, esplosione della spesa per welfare. Una società che vive in queste condizioni si divide naturalmente, vedendo aumentare le invide, i rancori, la rabbia. Da anni l’Italia vive questa situazione ma non si registrano cambi di direzione significativi: anche il tentativo di federalismo fiscale avvenuto negli Anni 2000 si è tradotto nella introduzione di una doppia, tripla tassazione che ha solo alimentato maggiori sprechi e più odio verso lo Stato. Speriamo che il decentramento di cui si parla non sia una replica dei fallimenti del passato.